u Fondo Walter Binni
  da "Binni e Leopardi" di Sebastiano Timpanaro (1985)

"Ogni vero critico, per quanto ampio sia l'angolo della suatematica, dei suoi interessi, delle sue possibilità diviva adesione a poeti e a mondi poetici diversi, ha sempre - equanto più la sua critica non sia un semplice eserciziotecnico - le sue predilezioni profonde, i suoi poeti piùcongeniali e corrispondenti più intimamente alle direzionipiù istintive della sua vita interiore, e specialmente aquella zona calda e impetuosa, irrequieta e poetica - lagioventù - in cui maturano, folti di fermenti e diinclinazioni indelebili, i nostri amori più generosi, lenostre scelte più appassionate e disinteressate. Ognicritico ha, per dirla romanticamente con Wiechert, i poeti dellasua vita e se certi incontri più fortuiti ed avventativengono respinti poi fra gli errori della gioventù, altrive ne sono su cui l'animo e l'intelletto ritornano assiduamentequanto più l'esperienza ce ne assicura il valore profondo,e la passione meno controllata si muta in un culto attivo, in unomaggio critico e storico che mira a realizzare, a precisare lavera, personale e storica realtà degli scrittoripiù amati".
Così incomincia (e mi è sembrato necessarioriportare senza tagli il non breve esordio) il saggio di Binni suDe Sanctis e Leopardi, scritto nel 1953 come introduzioneall'edizione commentata del Leopardi desanctisiano, ripubblicatoin nuova redazione nel volume Carducci e altri saggi(Torino, Einaudi, 1960, e ancora con modifiche e una lungapostilla nel 1972, p. 195 ss.). Ma, attraverso le modifiche e irimaneggiamenti, l'esordio è rimasto intatto; e il suocarattere appassionatamente autobiografico è evidente.Binni, certo, prosegue: "Tale fu il Leopardi per Francesco DeSanctis, tale fu l'incontro di quelle due grandipersonalità". Ma se si può dubitare (comeaccenneremo in seguito, e come Binni stesso ha in partericonosciuto nella postilla del '72) che nel grande De Sanctisl'amore per il "poeta della sua giovinezza" sia arrivato asvilupparsi in vera adesione di ideologia e di gusto negli annidella maturità, non c'è dubbio che quell'adesionevi sia stata in Binni, più che verso ogni altro autore dalui amato e studiato. Ancora a distanza di decenni dai suoi primilavori leopardiani, nella premessa alla Protesta diLeopardi (Firenze, Sansoni, 1973, p. VIII), egliribadirà che il Leopardi è "per chi scrive quiforse più che un poeta, il poeta della propria prospettivaumana, morale, civile". E non a caso nel saggio metodologicoPoetica, critica e storia letteraria (Bari 1963, nuova ed.1976), se vi sono richiami a tutta l'esperienza critica di Binni,dall'Ariosto al Metastasio, dal Parini all'Alfieri, da Carducci aMontale, i riferimenti al Leopardi occupano, non solo per la lorofrequenza, ma, direi, per il loro pathos, un postoprivilegiato. Nel brano che abbiamo citato all'inizio l'accentobatte, come abbiamo visto, sul carattere 'giovanile' (nongià nel senso di immaturità, ma di appassionatofervore) della scelta per il Leopardi: una scelta non sololetteraria ma 'totale', formatrice della personalità,legata a un'esperienza etico-politica e umana particolarmenteintensa. L'amore per il Leopardi ha sempre continuato (anchequando si è maturato e approfondito criticamente) acollegarsi per Binni col ricordo (nostalgico senzasentimentalismi) della giovinezza. All'inizio del discorso suLa poesia eroica di Giacomo Leopardi (1960, ora in Laprotesta di Leopardi cit., p. 239) ribadiva che il suocontatto con la personalità leopardiana era "certo ilpiù appassionato e decisivo" della sua esperienza dicritico "e insieme il primo e legato alla zona fervida dellagioventù". Nella premessa alla seconda edizione dellaNuova poetica leopardiana (Firenze, Sansoni, 1962, 3a ed.1971, rist. 1979) ricordava, con maggiori particolari, comel'esigenza di una nuova interpretazione della personalitàdel Leopardi, che puntasse sulla componente "eroica" (fin alloradisconosciuta a scapito della componente "idillica"), fosse sortain lui molto presto, e avesse avuto le sue prime formulazionigià in una tesina discussa nel '34 con Attilio Momiglianoa Pisa (Binni aveva ventun anni), e poi in una tesi normalisticadiscussa con Giovanni Gentile nel '35, e ancora in un brevescritto dello stesso anno, Linea e momenti della liricaleopardiana (in Sviluppi delle celebrazionimarchigiane di vari autori, Macerata, 1935). Il frutto -giovanile anch'esso, ma già ben maturo - di questesuccessive approssimazioni fu la prima edizione della Nuovapoetica leopardiana (1947). E anche a questo suo lavoro ilricordo di Binni, nella già ricordata premessa allaseconda edizione, ritorna con una risonanza affettivaparticolarmente forte: "...mi ritenni davvero fortunato quandonel '47, in mezzo ai lavori pesantissimi dell'AssembleaCostituente [a cui Binni partecipò come deputato delpartito socialista], riuscii a terminare e sistemare e pubblicareun libro sull'Ariosto, uno sul preromanticismo e questo saggioleopardiano: certo fra quelli il più caro a me, ilpiù mio nei suoi centri animatori, quello che in ogni casonon vorrei non avere scritto".
Qui, come si vede, il ricordo di una giovinezza particolarmentefeconda di opere è tutt'uno con la nostalgia di un momentoeccezionale e fugace della vita politica italiana: laCostituente, preceduta dalla lotta antifascista e - cosìallora tanti sperarono - coronamento di quella lotta, rotturadefinitiva non solo con l'Italia fascista ma anche con tutte letare ereditarie del prefascismo, fondazione di un'Italia aperta auno sviluppo in senso socialista. Ben presto venne il disinganno,e non poteva non venire, perché crollato era soltanto ilregime fascista, non le forze economiche e l'apparato statale chegli avevano dato vita, e che gli sopravvivevano sostanzialmenteindenni. Ma quel breve periodo fu pur vissuto come un'atmosferanuova, e dette origine anche a un nuovo fervore culturale; e ilnuovo modo di vedere Leopardi fu indubbiamente connesso per Binnicon la sua esperienza di politico militante, di socialista.
È destino del termine "socialismo" (ma, ormai da tempo,anche del termine "comunismo") di avere di volta in volta, oanche contemporaneamente, indicato posizioni politiche e idealiestremamente eterogenee, talvolta antitetiche. Binni proveniva dal"liberalsocialismo" nato nella scuola Normale di Pisa, periniziativa di Aldo Capitini, di Binni appunto, e di GuidoCalogero, a cui presto altri si aggiunsero. C'era in questoorientamento il pericolo (divenuto poi in alcuni unarealtà) di una contaminazione eclettica di motivi marxistie di motivi crociani; c'era il precedente non incoraggiante, ditanti anni prima, del Socialismo liberale di CarloRosselli. Ma contro questo pericolo furono proprio Capitini eBinni ad avere le idee più chiare: non un po' disocialismo e un po' di libertà, ma, come ricordo bene diaver letto in uno scritto di Capitini che ora non sapreirintracciare, "massima libertà e massimo socialismo".Recentemente, proprio commemorando l'amico scomparso (di cui noncondivideva il pensiero propriamente religioso, pur apprezzandonel'alto valore etico e anticonformista), Binni è tornato achiarire con molta lucidità questo punto: "Per Capitini eper alcuni di noi, diversamente da altri, il liberalsocialismoera non un contemperamento di liberalismo e socialismo, ma lastrutturazione di una società radicalmente socialistaentro cui riemergesse una libertà anch'essa nuova e bendiversa dalla libertà formale e ingannevole dei sistemiliberalcapitalistici. Il nostro liberalsocialismo aveva al centroil problema della 'libertà nel socialismo', e non quellosocialdemocratico del 'socialismo nella libertà'" (AldoCapitini e il suo colloquio corale, 1977, ora in Due studicritici: Ariosto e Foscolo, Roma, Bulzoni, 1978, p. 126 n.1).
Non credo che quanto ho sommariamente ricordato sia stata unadigressione inutile. Occorreva far vedere come il 'nuovo corso'degli studi leopardiani inaugurato da Binni non fosse nato daesperienze puramente libresche. Occorreva rammentare che quelsocialismo libertario (pur con tutti i suoi mancatiapprofondimenti politici, pur col suo troppo scarso contatto conla tradizione marxista; ma anche con una giustificataostilità verso lo stalinismo che era allora e avrebbecontinuato ad essere, per nostra iattura, la falsificazioneufficiale del marxismo accolta dalla stragrande maggioranza delmovimento comunista italiano e mondiale) aiutò Binni asuperare la visione di un Leopardi esclusivamente idillico, ascoprire la forza agonistica e, nello stesso tempo, il bisogno diuna rinnovata fraternità umana sotto il segno non di dogmie di miti, non di "tenebre" ma di "luce", che caratterizzanol'ultimo Leopardi e danno anche un'impronta nuova al suo stile eal suo linguaggio poetico.