da Michelangelo scrittore (1965)

Binni dedica tre studi ad esponenti significativi della lirica cinquecentesca: nel 1950, due saggi su Gaspara Stampa e su Giovanni Della Casa, poi raccolti nel volume Critici e poeti dal Cinquecento al Novecento (1951), e una monografia, Michelangelo scrittore (1965) che riprende e sviluppa una più breve relazione tenuta al Congresso michelangiolesco del giugno 1964. Dal petrarchismo bembistico alla poesia tragica di Michelangelo, ancora una volta l'applicazione della nozione di "poetica" come strumento di analisi di specifici percorsi e sintesi complessiva delle direzioni fondamentali di un periodo storico. Questo studio - scrive Binni nell'introduzione al volume - "ben corrisponde a una mia antica fortissima attrazione per Michelangelo (non solo scrittore) e a una generale mia fondamentale preferenza per la forza, l'energia, la tensione, di cui Michelangelo, anche come scrittore, è altissimo esempio, caso quasi sconcertante della nostra storia letteraria rispetto alla tradizione di tipo petrarchesco-catartico ("perché cantando il duol si disacerba"). Sicché questo saggio si inscrive nella linea più congeniale della mia personale 'poetica', tanto che non saprei citare molti versi che mi muovano così nel profondo del mio essere quanto quelli della terzina isolata che qui ripresento quasi ad emblema altissimo della grande personalità eroico-lacerata di Michelangelo, e di ciò che essa dice ad un lettore capace di intenderne, al di là di ogni riferimento religioso, l'appello profondo ad una prospettiva tanto sofferta e consapevole delle 'offese' del 'mondo', quanto, perciò, virile e strenuamente immedesimata con gli alti valori che la giustificano e la impegnano nella dura storia degli uomini: 'Come fiamma più cresce più contesa / dal vento, ogni virtù che 'l cielo esalta / tanto più splende quant'è più offesa.' "La produzione poetica di Michelangelo viene pienamente recuperata alla storia della cultura cinquecentesca, superando i pregiudizi di una lettura tradizionalmente ispirata a criteri classicistici". Il brano che segue è l'Introduzione al volume.

Il primo compito di chi voglia affrontare il problema tutt'altro che facile di Michelangelo scrittore e poeta consiste, a mio avviso, nell'intendere le sue prospettive operanti, in rapporto alla sua posizione storico-personale, superando preliminarmente sia la disposizione agiografica e di un automatico passaggio dalla grandezza dell'artista figurativo a quella dello scrittore e del poeta (con molte riserve circa l'assoluta similarità delle forme espressive dell'artista e del poeta in nome di una centrale e unitaria tendenza plastica), sia la dura preclusione in nome di una mancanza di esperienza e possesso di mezzi espressivi in poesia, di un dilettantismo o di un diarismo senza vera necessità espressiva, sia la semplice presentazione viceversa di uno sperimentatore di stile su di una tematica sostanzialmente fissa, statica e astorica.
Mentre si è cercato di storicizzare l'esperienza poetica michelangiolesca attraverso il più deciso rilievo di alcune componenti spirituali e letterarie (un particolare platonismo fuori della via bembesca, un forte dantismo, una linea bernesca), un altro punto positivo della recente critica mi pare appunto anzitutto costituito dalla più decisa, aperta smontatura del dilettantismo michelangiolesco, dall'osservazione dell'impegno stilistico e tecnico di Michelangelo recuperato in una prospettiva di sviluppo e di maturazione e identificato soprattutto nella zona centrale delle rime.
Solo che questa giusta esigenza di storicizzazione e di comprensione delle particolari esigenze di poetica di Michelangelo poeta (cui andrà energicamente accompagnato il rilievo del piano espressivo dello scrittore delle lettere) deve essere portata avanti, precisata in un più minuto e avvicinante esame dello svolgimento dell'esperienza poetica, più energicamente ricollegata a quei nuclei interni del mondo michelangiolesco, della sua Weltanschauung, della sua sofferenza drammatica della propria situazione storico-personale, del suo rapporto con le tendenze spirituali e letterarie dell'ultimo Quattrocento in cui egli si è formato, per poter davvero cercare di cogliere non l'ineffabile segreto e la miracolosa condizione della sua poesia e del suo stile, ma le necessità concrete e le forme concrete della sua lunga esperienza poetica e la stessa forma della sua presenza nella storia della nostra letteratura.
Tutto ciò non si risolverà in una rappresentazione senza giudizio di valore, ma permetterà di giungere ad esso per una via più concreta e meno pregiudiziale, evitando insieme uno scandaglio sulla qualità della poesia di Michelangelo solo per assaggi di campioni indifferenziati nella storia della sua esperienza poetica.
Prospettiva di un recupero di tutti gli elementi atti a chiarirci la realtà della sua esperienza di scrittore, sì che non si temerà di affrontare il rischio del biografismo e dello psicologismo ben sapendo come proprio una spregiudicata valorizzazione dei nessi vita-poesia e il richiamo di necessità espressiva e di poetica ha pur permesso in tanti casi di rendersi conto della natura di una poesia al di là del puro esame di poesia e non poesia e della semplice verifica stilistica.
Né si temerà di ricadere in forme di critica romantica se si cercherà di intendere le ragioni stesse dell'operazione poetica nel loro rapporto con la posizione storico-personale dello scrittore, sapendo fra l'altro che così si contribuirà pure indirettamente ad un migliore chiarimento della stessa origine interna delle più alte manifestazioni dell'artista figurativo.
Ed anzi si vorrà proprio, non per pura deduzione metodologica, ma per sollecitazione del caso concreto, mettere in primo piano una precisazione di tale posizione (che si servirà poi più precisamente dell'ausilio formidabile delle lettere come documento non esterno, ma vivo nella forza e nella validità dello scrittore) pur sapendo come sia inevitabile ripetere cose anche scontate, ma non perciò meno giuste e utilizzabili in rapporto ad una ricerca di tensione espressiva da cui risalire a volta a volta agli esiti concreti.
Apparirà anzitutto essenziale ribadire che Michelangelo rappresenta nettamente una forma estrema di coscienza drammatica del tempo in cui visse e che la sua esperienza poetica non può intendersi e seguirsi senza inserirla nel ritmo tormentato della sua esperienza vitale e storica, senza rilevarne la qualità di necessaria espressione di una fondamentale intuizione drammatica (fino a forme metafisiche ed emblematiche del suo contrasto interno che a questa nel suo concreto atteggiarsi van continuamente riportate per sentirne il valore tensivo e concreto) in cui le spinte di superamento, di spiritualizzazione e sublimazione attraverso lo stesso energico e inquieto platonismo e concettismo metaforico trovano scatto in quanto rispondono, fra polemica ed aspirazione positiva, ad un più profondo sentimento di scacco e di malinconia, di delusione e frustrazione. Sentimento che è certo in rapporto con un sentimento più generale che va allargandosi entro la civiltà cinquecentesca, dopo l'umanesimo civile e letterario e dopo la cresta non molto ampia del Rinascimento (quando la caducità è compensata dall'idillio e dalla voluttà intensa dell'attimo felice interamente goduto e, poi, da un sentimento di pienezza creativa e realisticamente operante e da una aspirazione a forme di pur diversa "armonia" in tutti i suoi aspetti fino a forme di edonismo che dallo spirito passano ai caratteri del linguaggio), nella sensazione crescente di una instabilità dei valori, di una erroneità delle forze umane, di una casualità e ostilità della fortuna, appoggiate alla coscienza più o meno chiara delle drammatiche vicende storiche italiane (caduta delle libertà cittadine e regionali, guerre e sterminii, scacco della esigenza di riforma spirituale e religiosa).
Michelangelo è al centro e al culmine di questa linea di tensione drammatica confermata dalle sue stesse vicende personali ingigantite dal raccordo a questo motivo interno e generale (le vicende della difficile lotta di affermazione artistica, economica e sociale anche a causa dell'ostilità degli altri artisti, la delusione del cittadino fiorentino nella caduta della Firenze repubblicana, la delusione del savonaroliano e dell'uomo della fallita riforma cattolica di fronte al concreto agire del potere ecclesiastico e dell'affermazione della Controriforma) da cui egli risale pur drammaticamente attraverso l'attività creativa e la spinta platonica e religiosa senza mai effettivamente trovare una vera pacificazione, un vero placamento: ché la stessa spinta platonica e religiosa si colora drammaticamente della lotta con la sua sensualità e con il sentimento del peccato, sì che la stessa prospettiva verso il divino e l'eterno non giunge mai alla sicurezza del possesso e del porto raggiunto.
Grande personalità tragica (e le lettere ne sono rivelazione più immediata e fulminea), Michelangelo poeta trae la sua forza da questo dramma storico-personale che si apre ad un dramma esistenziale e che incoraggia la sua tendenza ad una espressione tormentata, sofferta, la più lontana possibile (nei suoi centri più intensi) dalle vie facili e dall'edonismo e dall'idillio, e inasprita da un forte attrito con la realtà fino al deformato e al grottesco.
Donde anche l'irrequietezza della esperienza poetica, la sua insistenza spesso più sui centri e gli avvii che non sulla compiutezza, l'incapacità spesso (e spesso la non volontà) di giungere ad una fusione intera e superiore delle sue tensioni. Donde (nella consonanza con aspetti preminenti della sua formazione letteraria, fra l'altro senza "latini", senza Virgilio, Orazio, Cicerone) il rifiuto dell'armonia e, più, della melodia, e la ricerca di forme in tensione e in contrasto dinamico. Poesia senza esplicito "canto" e senza appoggio di paesaggio, la cui volontà di essenzialità conduce anche al rischio di un'eccessiva fiducia nella forza del concetto da cui a volte Michelangelo cade nel virtuosismo, difficilmente però privo di implicazioni poetiche.
Donde anche il carattere risentito e deformante, fino al grottesco più drammatico, della sua linea di esperienza più realistica, che è forma di per sé espressiva (e mal assimilabile al semplice bernismo) e riserva di inasprita realtà per le linee più centrali della sua poesia. Donde lo stesso predominio delle antitesi la cui forza vera va però cercata nelle ragioni interne che, di volta in volta, nelle varie fasi la giustificano.
È soprattutto da questa posizione drammatica che deriva il carattere della sua poesia e spesso la sua stessa difficoltà di organizzazione più intera e "perfetta", anche se, come vedremo, non manca una fase di organizzazione più sicura e a suo modo equilibrata, ma con il rischio forte del prevalere del concettismo e del virtuosismo.
È soprattutto dall'estremo risentimento di questa posizione che deriva il carattere di singolarità (rafforzato dalle sue coerenti scelte letterarie iniziali) della sua esperienza poetica che può isolarsi letterariamente, in una via più sua, dalle linee rinascimentali (anche se il quadro del Cinquecento è più vasto del petrarchismo e dell'antipetrarchismo) toccando anticipi e aperture di manierismo e di prebarocco, ma richiamando, al centro, a una posizione profondamente storica e svolgendosi in una propria storia densa e complessa la cui ricostruzione spiega meglio anche i margini più deboli, le inadempienze e i risultati della sua poesia meglio che in uno scandaglio globale e in un semplice esame antologico che perderebbe di vista l'eccezionale corrente poetica che circola entro tutta la sua opera di scrittore e, attraverso questa, arricchisce la sua stessa attività figurativa. E si potrà pur sempre avvertire al livello dei più conclusivi fatti estetici della sua arte figurativa e al livello della grande poesia cui egli comunque ci avvicina e ci stimola, un limite di totale resa artistica delle sue poesie, quasi un limite di mancanza per eccesso e per drammatica urgenza e confluenza e intrico di tensioni, ma non si potrà facilmente ritornare al puro dissenso classicistico di base, al rifiuto di una qualità e necessità poetica e di una serietà e di un impegno artistico, mentre sarà ben difficile negare il segno del grande scrittore alle sue lettere, alla sua prosa così lontana dai più comuni moduli rinascimentali, ma così vigorosa e potente ed estremamente significativa per tutta la sua personalità.