da "Parini e l'illuminismo" (1956)

Curatore di un precoce commento alle Odi del Parini nel 1938, Binni dedicherà un assiduo impegno critico alla complessa poetica pariniana nei suoi nuclei fondamentali: "il classicismo del letterato, il sensismo del realista, l'illuminismo del riformatore", di cui tenterà una prima sintesi dinamica in uno dei capitoli di Preromanticismo italiano (1947): "sintesi mirabile di Arcadia, illuminismo, sensismo, su base classicistica". Gli studi di Binni, che trovano un momento significativo in questo saggio del 1956, approderanno a una grande sintesi nel capitolo pariniano del volume Il Settecento (1968) della Storia della letteratura italiana Garzanti diretta da Emilio Cecchi e Natalino Sapegno, riproposto con note aggiunte nel volume Settecento maggiore (1978). Il brano che segue è l'inizio del saggio del 1956.

Nel quadro della cultura illuministica italiana la poesia del Parini rappresenta la sintesi più alta e originale di motivi ideali e di esigenze artistiche proprie di quella cultura: sintesi che supera con una coscienza letteraria e poetica più sicura e personale le forme più divulgative e seccamente razionalistiche di un semplice didascalismo insaporito da una più esterna eleganza oraziana (la posizione dell'"util poeta e tosco Orazio" attribuita dal Bettinelli all'Algarotti) e supera insieme l'edonismo classicistico-rococò di un Savioli con un deciso impegno morale e con la forza persuasa di un alto messaggio umano e civile che originalmente traduce la fede fondamentale di una civiltà lucida e fervida, attiva e innovatrice.
Tutta l'opera del Parini si può sostanzialmente inscrivere nelle generali esigenze della civiltà illuministica anche se di queste essa offre una versione particolare, caratterizzata da una personale misura morale e poetica che, come rifiuta le posizioni estreme dell'ideologia sistematica e le forme più immediate di una concezione letteraria puramente didascalica e contenutistica, così nettamente reagisce poi alle tentazioni della sensibilità e del gusto preromantico, condannati dal poeta in nome della sua fedeltà alla tradizione italo-greca e alla luce di un preciso ideale di vita ispirato ai binomi inseparabili di Natura-Ragione e Piacere-Virtù.
Ideali che ben rappresentano compendiosamente l'incontro fondamentale nel Parini di ispirazioni illuministiche e umanistiche e sorreggono al centro lo svolgimento della sua opera, anche se le "costanti" pariniane del classicismo e dell'illuminismo si precisano in dosature di diversa intensità, attraverso una storia di fasi non opposte e rigidamente schematiche, ma duttilmente identificabili in un processo che dagli inizi arcadici e da posizioni più combattive sale ad una più alta fase finale, in cui il classicismo si fa più chiaramente "neoclassicismo" nobile e virilmente sereno e la fede illuministica si depura in un ideale di saggezza umana più personale e luminosamente poetico.
Si può discutere la precisa linea di tale storia, ma certo con l'attenzione ad essa pare anche più facile proporre una immagine complessa e storica di fronte alle eventuali immagini contrastanti e forzate di un Parini come puro letterato arcadico-umanistico, a cui i contenuti civili e ideali potrebbero essere semplice pretesto di alta esperienza stilistica, e di un Parini poeta civile illuministicamente prerivoluzionario o addirittura presocialista.
E a proposito di questa seconda interpretazione occorrerà comunque subito precisare che, mentre la posizione illuministica del Parini ha una sua evoluzione quanto ad intensità polemica, essa è, in generale, contraddistinta da un forte senso di misura, di cautela, di concretezza, diffidente di ogni avventura e di ogni affrettata rottura dell'ordine presente. Come, già nel periodo più combattivo, chiaramente ci attesta la significativa contrapposizione, nella "Cicalata in versi" I Ciarlatani, del '62, tra il riformatore prudente che compie sicuri passi di progresso, iniziato con una autoriforma morale, e il rivoluzionario dottrinario e fanaticamente sistematico:

  Un filosofo viene
  tutto modesto, e dice:  
  - Bisogna a poco a poco,  
  pian pian, di loco in loco  
  levar gli errori dal mondo morale:  
  dunque ciascuno emendi  
  prima sé stesso e poi degli altri il male. -  
  Ecco un altro che grida:  
  - Tutto il mondo è corrotto;  
  bisogna metter sotto  
  quello che sta di sopra, e rovesciare 
  le leggi, il governare;   
  non è che il mio sistema  
  che il possa render sano. - 
  Credete al primo; l'altro è un ciarlatano.  


Prudenza riformatrice ben in accordo, del resto, con il concreto moto riformatore, a cui, nella Lombardia austriaca, il Parini attivamente collaborò, e che, d'altra parte sarebbe ugualmente errato ridurre a timidezza e a gusto di compromesso ritardatore di un più forte movimento storico, perché a quella prudenza non manca mai il genuino accento di una decisa persuasione, di una fede in un sicuro progresso umano, morale, civile che supera in profonda partecipazione personale quello che poteva essere un semplice accompagnamento dell'azione riformatrice ufficiale da parte di un poeta cortigiano.