Carlo Di Alesio, Luigi Russo-Walter Binni, Carteggio 1934-1961 (Pisa, Edizioni della Normale, 2015), «ACME», 68, Milano, Annali della Facoltà di studi umanistici, 2015;


Nel panorama della critica letteraria no-vececentesca Luigi Russo e Walter Binni hanno avuto statura e funzione di maestri carismatici, com'è noto da innumerevoli testimonianze (ricorderemo, per Russo, quelle dello stesso Binni, che riporteremo concludendo, di Dante della Terza e di Sergio Antonielli; per Binni quelle di studiosi più giovani ma ugualm to autorevoli come Umberto Carpi e Giulio Ferroni). Entrambi hanno portato svolgimenti originali nell' ambito di quell' indirizzo che si suole designare genericamente come «storicistico» e segnato momenti ineludibili nella vicenda critica di non pochi classici e di interi periodi. Con vivo consenso è perciò da salutare la pubblicazione — per la cura appassionata, competente e precisa di Lanfranco Binni e Raffaele Ruggiero — del loro carteggio, che segue quelli di Russo con Gentile (a cura di Roberto Pertici e Antonio Resta) e con Croce (a cura di Emanuele Cutinelli Rendina), apparsi in questa stessa collana rispettivamente nel 1997 e nel 2007 (in preparazione, per la cura sempre di Pertici e Resta, quello con Adolfo Omodeo).
Sono 180 pezzi di corrispondenza (98 di Russo, 82 di Binni) cui i curatori aggiungono, come documenti a integrazione di alcune lettere, altre carte: precisamente, una attestazione di referenze rilasciata nel 1936 da Russo a favore di Binni, che in qualità di assistente lo ha temporaneamente sostituito presso la cattedra di letteratura italiana in Pisa; una risentita lettera a Pietro Pancrazi (n. 73 bis) in seguito al proprio «licenziamento» — ricondotto alla «scomunica» da parte di Croce — dalla collana di «Letteratura italiana. Storia e testi» avviata presso le edizioni Ricciardi; la comunicazione «Al Sindaco di Pietrasanta e a tutti i Consiglieri Comunali» della rinuncia alla indennita per la partecipazione alla giuria del premio «Carducci» di poesia, e contestualmente, delle proprie dimissioni in polemica con l'operato della giuria stessa (n. 87 bis; una analoga lettera di Binni, n. 88 bis, segue a breve distanza); e ancora, it telegramma con cui Carlo Alberto Madrignani comunica a Binni la morte improvvisa del comune maestro e la lettera con la quale Carlo Ferdinando Russo ringrazia Binni per il discorso di commemorazione tenuto al funerale del padre e gli sottopone il piano di un prossimo fascicolo monogra-fico di «Belfagor» a lui dedicato. Chiude il volume una appendice contenente uno scritto di Russo, Ricordo di Achille Pellizzari (l'illustre studioso che dires-se prima di Binni, dal 1916 alla cessazione nel 1948, la «Rassegna della lette-ratura italiana»), sollecitato da Binni ma poi non accolto per motivi di opportunita (v. nn. 119, 120, 121); l'indice definitivo del fascicolo monografico di «Belfagor» e il telegramma di Sara Russo a Binni, di plauso per l'orazione funebre da lui tenuta all'Università di Roma per lo studente Paolo Rossi, morto nel 1966 a seguito di un'aggressione fascista.
Primo motivo di interesse del carteggio è naturalmente la ricchezza di informazioni che offre sul sodalizio tra gli autori, durato oltre un quarto di secolo dalla metà degli anni Trenta, quando il giovane Binni si laurea a Pisa — relatore Russo — con una tesi sulla poetica del decadentismo italiano prontamente promossa dal maestro, nonostante alcune riserve, anche sul piano editoriale, alla scomparsa di quest'ultimo nel 1961.
L'argomento più frequente sono le vicende dell'Università (e della Scuola Normale Superiore di Pisa, della quale Russo, docente dal 1934 presso l'ateneo pisano, sarà direttore nel 1943 e dal 1944 al 1946, non confermato in seguito per volere del ministro democristiano Gonella). Molte lettere riguardano concorsi e costumi (o malcostumi) accademici e contengono cenni variamente significativi — ora di consenso, ora, soprattutto da parte di Russo, di avversione anche dura — a innumerevoli personalità, che qui è impossibile elencare: vi spiccano, tra italianisti, critici e filologi della generazione di Russo, Carlo Calcaterra e Francesco Flora, Alfredo Schiaffini, Bruno Migliorini e Francesco Maggini (a lui Binni succede nel 1956 a Firenze, nella parentesi tra l'insegnamento all'ateneo di Genova e l'approdo nel 1964 a Roma), Giuseppe De Robertis e soprattutto Attilio Momigliano, sotto la cui guida Binni avvia — con una tesina nel terzo anno di corso — la sua pluridecennale attività su Leopardi, e ricordato anche per la sua «serenità veramente bella» di fronte alle leggi razziali di cui è vittima; fra i nati nel Novecento, Natalino Sapegno e Mario Fubini, il più stimato; tra quelli della generazione successiva, Gianfranco Contini — enfant prodige della critica militante e già negli anni Trenta affermato professore — e poi, più o meno coetanei di Binni e come lui allievi di Russo, Vittore Branca e Giovanni Getto, Claudio Varese e Lanfranco Caretti, Ettore Bonora ed Emilio Bigi; tra i più giovani ancora, Luigi Blasucci, Ezio Raimondi e infine il giovanissimo Madrignani che di Russo sarà l'ultimo assistente. Ma al di fuori dell'ambiente accademico e letterario non meno significativa è la presenza di altre figure: sullo sfondo, quelle di Croce e di Gentile (al riguardo sono da vedere i già ricordati carteggi con Russo); in primo piano, nell'area culturale e politica del socialismo liberale, quelle di Piero Calamandrei, di Carlo Lodo-vico Ragghianti, di Tristano Codignola e soprattutto di Aldo Capitini, pedagogista e ideologo della non-violenza, segretario amministrativo della Normale (ne fu allontanato dal 1933 al '46 per aver rifiutato la tessera del PNF) e animatore a Perugia, insieme con il concittadino Binni, della cospirazione antifascista clandestina.
I riferimenti alla vita politica riguardano prevalentemente il periodo postbellico: come giustamente sottolineano i curatori, già in precedenza, quando «l'opposizione può manifestarsi in forme occulte e caute [...] sia Russo che Binni mordono il freno», mostrando «l'indole irrequieta e aliena al compromesso che li avrebbe resi personaggi "scomodi"», ma è a partire dalla Liberazione che entrambi si impegnano senza risparmio di energie — come documentano anche molte lettere qui raccolte, oltre le centinaia di scritti polemici dell'uno e dell'altro pubblicati in varie sedi — nella battaglia per il rinnovamento della vita civile e culturale del Paese, contro il pericolo di rigurgiti autoritari, per l'affermazione della laicità dello Stato, per la difesa della scuola pubblica, per l'avanzamento di una democrazia non esclusivamente formale: una battaglia che in un primo momento vede Binni anche deputato all'Assemblea Costituente e Russo candidato in Sicilia, nel 1948, per il Fronte Popolare (fatto che gli procurerà la già ricordata «scomunica» e l'ostilità da parte di Croce).
Sul piano dell'attività pratica, oltre che nelle sedi accademiche e in importanti istanze di vita civile e politica, l'incoraggiamento di Russo al giovane allievo e i loro rapporti di attiva collaborazione e di alleanza trovano numerose occasioni — e l'epistolario ne fornisce notizie preziose — anche altrove. Innanzitutto nelle riviste: «Leonardo», «La Nuova Italia», «Pan» e «Civiltà moderna» nell'anteguerra; dopo, innanzitutto «Belfagor», da Russo fondata nel 1946 e diretta fino alla morte (la lettera n. 44 del 6 agosto 1945 ne contiene il primo annuncio, con l'invito a Binni: «conto molto sulla sua collaborazione, e su quella di Capitini: non desidero l'adesione platonica [...]»), quindi «La rassegna della letteratura italiana», riavviata nel 1953 da Binni, che scrive al maestro: «una sua promessa di collaborazione (un pezzo tratto dai suoi corsi, ad es.) mi sarebbe di grande incoraggiamento!» (lettera n. 116 del 23 dicembre 1952). In secondo luogo, nelle giurie di premi letterari quali il «Carducci» di poesia a Pietrasanta, come si è visto (dal 1967 gli si affiancherà il premio destinato a opere critiche, intitolato a Russo), e il «Pozzale» a Empoli (che assumerà dopo il 1961 la de-nominazione di «Pozzale-Luigi Russo»). Infine, in parecchie imprese editoriali, a carattere scolastico e non solo: nella maestosa antologia «Classici italiani» curata da Russo per Sansoni, per esempio, a Binni è affidato il capitolo ariostesco; lo stesso Binni si propone con successo per la curatela del Leopardi nella progettata edizione presso Laterza delle opere di Francesco De Sanctis diretta da Russo, in concorrenza con l'analogo progetto sviluppato da Einaudi sotto la direzione di Carlo Muscetta (nn. 103-105), mentre per i due volumi dei Classici italiani nella storia della critica diretti per La Nuova Italia lo stesso Binni si avvale di condiscepoli (Bonora per Petrarca, Varese per Tasso, Caretti per Panini, Bigi per Leopardi), di colleghi e di propri allievi che avvicina al suo maestro (Cesare Federico Goffis per Machiavelli e Galileo, Franco Croce per Marino) e di critici più giovani cari anche a Russo (è il caso, per Pascoli e D'Annunzio, di Sergio Antonielli, che con Russo tenne un carteggio di notevole interesse, del quale è auspicabile la pubblicazione).
Del rapporto tra Russo e Binni si colgono altresì nel carteggio certi aspetti psicologici in senso lato e caratteriali: nell'intonazione di Binni, Russo sarà sempre il «professore», «illustrissimo» e solo da un certo momento in poi «caro» o «carissimo»; i due si daranno sempre del «lei» e solo in una occasione (lettera n. 56, Binni è deputato alla Costituente) sfuggirà a Russo un «te»; il dettato si presenta quasi sempre più sobrio e per così dire modesto nell'antico allievo, mentre il maestro appare più estroverso e più incline a esprimere la propria personalità di «scrittore» anche se, sottolineano Lanfranco Binni e Ruggiero, il «gusto verbale immaginifico» di Russo viene «colto e ripreso da Binni in duetti e crescendo all'unisono con l'ingegno siculo-toscano del maestro».
E per quanto riguarda il concreto esercizio della critica letteraria? Russo e Binni, com'è noto, sono portatori di sensibilità differenti, pur nella vicinanza dei concetti fondamentali, a partire da quello di «poetica», e nel comune richiamo alla lezione desanctisiana. Non mancano, certo, interessi comuni (Metastasio, Car-ducci, Foscolo ecc.), ma più produttivo appare l'impegno di Russo — si potrebbe dire con una certa approssimazione — sui versanti della narrativa e delle tendenze al realismo (Machiavelli, Manzoni e Verga sono i nostri classici oggetto delle sue pagine più importanti) e più legato all'idea crociana del saggio monografico come coronamento dell'atto critico; più tentato da autori di indole agonistica, lirica e drammatica (Alfieri, Foscolo, Leopardi) Binni, altresì più incline ad ampi quadri storiografici e allo studio delle «correnti» (il decadentismo, il preromanticismo...) e più deciso nella revisione di posizioni crociane (è il caso di Leopardi, ma anche di Ariosto, col recupero delle Satire e della produzione meno sistemabile sotto la formula della «armonia»). Anche su questo piano il carteggio propone pagine interessanti, soprattutto, com'è ben comprensibile, sul versante di Russo, che non si sottrae alla propria funzione di maestro: si vedano la lettera n. 29 (22 dicembre 1941), dove l'autore sottolinea, a proposito di un saggio binniano su Cesarotti, quelli che giudica come limiti del «panoramismo» («Ora questa parte panoramistica è sempre la meno felice dei suoi scritti, come nella Poetica del decadentismo, e ci si sente scarso affiatamento coi testi, e ingegnose ricostruzioni sulle pagine del Cassirer o del De Ruggiero o di altri. Io non credo al panoramismo, che non è stata mai una meta d'indagine scientifica, e anche l'inquadramento storico è un frutto della cultura gentiliana nel momento del suo trionfo verso il 1923»), e la lettera n. 74 (18 agosto 1949), giustamente evidenziata dai curatori, dove Binni, collaboratore di «Belfagor», è invitato a riscrivere in parte il saggio La poetica neoclassica in Italia con uno stile più agile e chiaro («E dopo aver battuto don Benedetto nel mio lungo saggio, non vorrei che lui prendesse occasione dal Suo scritto per punteggiarlo di esclamativi. Ormai la guerra è dichiarata e il Croce che non capisce e finge di non capire la mia semplicissima prosa, immagini come sarebbe felice di non capire la Sua»).
Ma si tratta, è ovvio ribadirlo, di stimoli offerti nell'ambito di un confronto nutrito di alta e reciproca stima: nel suo Compendio storico della letteratura italiana Russo includerà Binni «fra i migliori storici della letteratura [...] delle ultime leve», accanto a Mario Fubini e a Natalino Sapegno, dei quali è, sottolinea «più giovane e più complesso». E per Binni valgono le parole pronunciate a Pietrasanta il 16 agosto 1961 in occasione delle esequie di Russo, «a nome di tutti gli allievi suoi di varie generazioni», parole riprese poi nel saggio belfagoriano: «se la sua lezione fu per tutti noi il suo storicismo profondo [...] egli ci fu maestro anzitutto nella generale visione integrale della cultura e della vita, nel ricambio costante tra l'attività del critico e l'appassionato intervento nei problemi vivi e attuali del proprio tempo».

Carlo Di Alesio