Intervento della V A e V B del Liceo scientifico "Galeazzo Alessi"
Intervengono Daniele Bigi, della V B, e Jacopo Costantini, della V A (del quale tuttavia non ci è pervenuto il testo; lo pubblicheremo prossimamente), allievi delle Prof. Antonella Biccheri e Catia Crisafi: il lavoro sugli scritti di Binni è stato inoltre sostenuto dal Prof. Corrado Carini e dal Prof. Alberto Stella, Dirigente del Liceo. Quello che segue è dunque, per il momento, il solo intervento di Daniele Bigi.

Sono molti gli aspetti di Perugia cari a Binni, definita come la "mia Perugia", assai lontana dalla grazia un po' dolciastra del Perugino poiché, sotto l'impulso veemente e severo della tramontana, ogni tono di idillio e di dolcezza scompare; ma l'aspetto più importante è quello del ricordo della sua giovinezza. Infatti per Binni Perugia rappresentava un duro confronto con la piena maturità che stava vivendo, una sorta di visita dolente dei luoghi cari che sono rimasti vuoti per sempre, abbandonati da quella vita che amò profondamente. Perugia è per lui la città reale ed ideale, il luogo concreto al quale egli poteva riferire elementi della sua stessa natura, la vocazione del suo gusto e della sua personale poetica. Egli ritornava in questi luoghi, che per noi sono quotidiani, che in alcune circostanze ci sembrano quasi noiosi perché abbiamo forse perso quell'entusiasmo che serve per osservare le meraviglie della nostra città, scrutandone ogni minimo particolare, ogni piccola sfumatura. Non ne tralasciava però anche gli aspetti in un certo senso " crudeli " come, ad esempio, il clima duro e intransigente o il paesaggio " aspro e antiscenografico ", citando Binni stesso. A Perugia si era formata la sua vita di compagno e di padre, a Perugia aveva imparato la legge del mondo, grazie anche al suo aspetto scabro ed essenziale, antiretorico più che edonisticamente " bello ". Dalla natura stessa del capoluogo, dal quale si sentiva ormai sradicato tanto da averne dimenticato quasi completamente il dialetto, deriva a Binni una prima educazione naturale all'intensità che diventa paradigma di condotta morale e di visione del mondo. Binni riconosceva nella tramontana perugina la prima educazione alla tensione della sua stessa poesia come intensità e forza. Proprio a Perugia si formò il suo amore per autori rimasti poi paradigmatici nelle sue scelte emotive e future: l'Alfieri di certe rime più selvagge e aspre, il Leopardi degli ultimi canti definito "poeta della mia vita", Montale degli "Ossi di Seppia".

Molti studenti, pensando al Leopardi, ricordano un'interrogazione andata male o un pomeriggio passato sui libri; ma, letto con attenzione, o ancor meglio con passione, se ne apprezza il sistema delle illusioni o forse ancor di più la fase del suo eroismo finale. E' proprio questo che ha fatto Binni, arrivando ad amare il Leopardi e a farne un proprio modello filosofico, morale e civile, tanto da convincersi che la vita vale solo leopardianamente a "spregiarla", come dice Binni, se ai falsi valori del potere e della ricchezza non si preferiscono quelli veri della lealtà, dell'autenticità, del bene comune, senza di cui la vita non è solo per sua natura infelice, ma anche indegna.

Dalla reazione dei Perugini alla tramontana, dalla gioia che provano nei giorni di tramontana, Binni li riconosceva simili a sé, che da ragazzo in quei giorni non riusciva a star fermo in casa e si precipitava su a Porta Sole, luogo dove avrebbe portato i visitatori più degni, per osservare quel paesaggio scuro e nitido. Oggi per noi la tramontana corrisponde quasi ad un fastidio, è quel freddo pungente che entra dentro le ossa, che ci segue passo passo mentre percorriamo le vie del centro e che ci distrae dal girovagare per il nostro amato Corso. Però, ragionando più profondamente, la tramontana rappresenta veramente una caratteristica di Perugia e forse, se non avessimo letto questo libro, non l'avremmo mai capito, perché tendiamo troppo volte a sottovalutare la nostra città e ciò che le appartiene. La stessa cosa accade anche per quella festa che Binni identifica come la più vera, come la festa della "gran freddura " e cioè San Costanzo, quando le fanciulle del popolo scendevano al responso dell' " occhiolino " del santo, attraverso le strade spazzate dal vento, nei giorni rigidi " della merla ".

E' triste pensare a come noi oggi viviamo questo giorno, poiché per la nostra generazione rappresenta solo una giornata in cui non si va a scuola, si va in giro con gli amici e ci si diverte, senza pensare alla routine quotidiana: in pratica è solo un altro giorno di festa.
Questa perdita di valore della festa di San Costanzo è la conseguenza di quella perdita più grave della memoria cittadina, patrimonio che ci è stato tramandato dai nostri nonni, i quali se ne stanno andando insieme alle loro preziose tradizioni.
Soltanto ora, camminando in silenzio tra le nostre antiche mura, sentiamo quella stessa tramontana, che ci taglia e congela il viso, scaldarci il cuore, portando con sé un senso di gioia quasi rabbiosa, un impeto di volontà, che ci travolge e mettere in discussione le nostre certezze.
Questa nuova consapevolezza ci fa vivere in modo più energico e profondo il rapporto con la nostra città, che sembrava cristallizzato nella bellezza inanimata di una fotografia. Piuttosto distratti ed indifferenti nella nostra quotidianità, ci stupiamo della tensione al nostro nuovo sentire a quei forti sentimenti che attribuivamo solo alle anime più nobili.
Con un nuovo spirito, "scopriamo" la Perugia delle pagine di Walter Binni, ci sentiamo compiutamente immersi nel fascino della storia. Affacciandoci sul panorama di Porta Sole, respiriamo un'atmosfera diversa, scorgiamo un paesaggio movimentato, energico , robusto. Ma nella voce "pazza e tagliente " della tramontana, non vi è solo il ricordo di un uomo innamorato della sua Perugia, vi è anche lo spirito di un intellettuale che ama riconoscere nell'inverno perugino "una disperata tensione alla stessa poesia come intensità e forza".
Un'eccezionale tensione che coglie il piacere dei sentimenti assoluti, di un rapporto attivo e costante con la realtà, che esalta la bellezza e la severità della nostra Perugia, quasi fosse una "laica Gerusalemme", difesa da quel vento impetuoso che è anche un simbolo, è la forza della gente.
E' dallo scorcio di porta Sole che appare la vera bellezza della città, viva ed ispiratrice di poesia. Non di una poesia dai toni idilliaci e contemplativi, rassegnata ad una perpetua "voluptas dolendi", ma di una poesia eroica, tesa all'analisi di una realtà umana, intellettuale e civile.
Come la poesia del suo Leopardi. Nel pessimismo non rinunciatario, ma vitalistico e agonistico del "supremo Maestro", Binni per primo trovò "un'incessante aspirazione conoscitiva e morale", un'inesausta passione per l'uomo, una doverosa lotta contro l'infelicità. La Ginestra di leopardi è per lui un emblema di quella tensione che nella conoscenza del vero trova il suo scopo, poiché l'uomo ha sempre il dovere di conoscere, indagare, operare a favore di una nuova idea di società libera e fraterna.
Ciò che coinvolge tanto il Binni intellettuale nella sua critica, quanto il Binni uomo nella sua esperienza di vita, è l'instancabile ricerca di Leopardi nei confronti delle risposte sul "non senso della vita", la strenua volontà di non arrendersi di fronte alla condizione di finitezza ed infelicità dell'uomo e di non "cedere al peso degli scacchi e delle delusioni". Rifiutare ogni compromesso e ogni consolazione, accettare il vero e su questo costruire ciò che si può, sono, per Binni, l'essenza di un pessimismo combattivo che può costituire un messaggio anche per il suo tempo, così come per il nostro.
Binni più volte si definisce "un intellettuale disorganico e sradicato", ma nello stesso tempo impegnato nella società, rievocando così la figura di un altro dei "suoi" poeti, Vittorio Alfieri, con i suoi eroi capaci di affrontare la cruda realtà della vita con orgoglio e dignità di trovare il senso dell'esistenza nell'azione e nel coinvolgimento fervido ed appassionato. Da Alfieri, infatti, Binni, ricavò ed amò sia una particolare tipologia umana che una precisa concezione della letteratura.
E, come eroi tragici alfierani, i patrioti perugini della rivolta del XX giugno 1859 si unirono in nome dell'indipendenza, sancendo una coesione popolare che il Binni rievoca con ammirazione e commozione. Il sapore di quella battaglia, Binni lo sentì rivivere dalle parole dei nonni e dei genitori, da vecchie stampe, dalla Commemorazione ufficiale durante la quale si portano corone al monumento e al Cimitero, ma il solo ricordo lo forgiò di un significato fondamentale per la sua attività di intellettuale socialmente e moralmente impegnato.
L'insurrezione popolare del XX Giugno 1859 gli appare piena di "civilissimo significato" perché ad esserne protagonista fu la gente di Perugia, che, al di là delle ragioni della storia ( spesso imposte dai Grandi Protagonisti) si espose con dignità e fierezza ad una sconfitta già scritta e alla repressione delle truppe pontificie .
Ma la sconfitta e la repressione non disperdono il significato di atteggiamento, di gesto, di poesia nei confronti della realtà. L' assunzione significativa dell'episodio non è data dal posto che l'analisi storica gli può assegnare, ma da quella lezione di eroismo e di civiltà che i Perugini ne hanno saputo ricavare e "da quelle duemila persone che si recano al Camposanto per portare fiori sulle tombe dei morti del XX Giugno".
E noi, che del risorgimento abbiamo sentito "parlare" solo sui libri, sentiamo che "è bello essere perugini anche per merito di quella data gloriosa", mentre la Tramontana, reale ed ideale, soffia sui tetti della nostra città.
Vorremmo concludere il nostro omaggio a Walter Binni ringraziandolo per aver dipinto nelle sue pagine un'immagine nuova della nostra città, che fino ad ora guardavamo con occhi sfuggenti e distratti, senza poter quindi coglierne il suo essere così profondamente piena di vita e di storia.
Lo ringraziamo, inoltre, per averci suggerito la riflessione che non dimenticheremo sull'inscindibile legame tra il nostro presente e il passato storico di Perugia.
Apprezzando, poi, l'originalità e il coinvolgimento che il suo stile ci ha trasmesso, abbiamo in queste poche righe tentato di renderlo in parte nostro, emulandolo in suo onore.