Paolo Allegrezza. Walter Binni. Un maestro liberalsocialista, «Mondoperaio», n. 7, luglio 2011.

Perché richiamare l'attenzione sul percorso politico di Walter Binni, uno dei maggiori storici della letteratura italiana del '900? La risposta ci rimanda a due ordini di problemi: uno connesso alla vicenda del liberalsocialismo, l'altro legato al percorso intellettuale di Binni nel decennio compreso tra la metà degli anni '30 e l'inizio dell'egemonia democristiana. Nel corso del '900 coloro che a sinistra si sono posti fuori dell'orizzonte onnicomprensivo del marxismo, hanno scontato un deficit di consenso di cui l'infelice esito della vicenda azionista è solo l'esempio più eclatante. La condanna del “riformismo senza popolo”, segnato dalla frammentazione, percepito per un verso come elitario, per un altro espressione di una critica debole del capitalismo. Una chiave di lettura che, tuttavia, non regge nel caso del liberalsocialismo di Capitini (e Binni). Diversamente dall'interpretazione che ne dava Calogero, per loro il liberalsocialismo non si riduceva alla sintesi fra libertà e giustizia sociale, ma insisteva sull'esigenza di un rinnovamento radicale della società italiana. Sul piano morale e dei rapporti sociali. Un'esperienza per molti versi di difficile inquadramento, ma certamente estranea a due tendenze storiche del socialismo italiano: il settarismo velleitario, la tentazione del compromesso opaco. Ma chiariamo il riferimento al percorso intellettuale di Binni. Gli intellettuali italiani durante il fascismo, salvo un piccolo manipolo di oppositori, si divisero tra indifferenza nei riguardi del regime e adesione entusiastica; salvo pervenire, in quest'ultimo caso, alla provvidenziale “redenzione” comunista (Serri, 2009). Binni inizia l'attività antifascista nel periodo immediatamente successivo alla laurea, nel '36 a 23 anni, quando comincia l'attività nei gruppi liberalsocialisti promossi da Capitini. Contemporaneamente, collabora alla rivista del Guf pisano, “Il Campano” (L. Binni 2011, p. 13), con recensioni letterarie. Alcuni anni dopo troveremo la sua firma su “Primato” di Bottai. Vi scrive cinque recensioni di libri di critica letteraria e un articolo sull'opera di Gadda (nn. 12/'41 - 8, 10, 14, 22/'42 – 4/'43). Pezzi nei quali espone l'idea di una critica letteraria fondata sullo studio della poetica come chiave per comprendere il rapporto dell'opera con il suo tempo. Un metodo quanto mai lontano da un'estetica del disimpegno e dell'evasione. Nulla a che fare, quindi, né con la mancata assunzione di responsabilità, né tanto meno con l'adesione al regime. Un percorso simile a quello di altri liberalsocialisti - Ragghianti, Enriques Agnoletti, Codignola, Zevi - antifascisti prima e “fuori fase” poi, negli anni dell'Italia comunista e democristiana.
Biografie unite dall'impegno militante per un' “altra” sinistra a lungo perseguito e sempre mancato (Teodori 2008, p. 48). Non si tratta, tuttavia, di una vicenda esauribile sotto la lente delle sconfitte e delle aspettative tradite. Né di una versione aggiornata dei filoni utopici ed umanitari del socialismo. Perché verranno gli anni '70 e tanti temi giudicati minori diverranno patrimonio dell'intera sinistra: le campagne sui diritti civili, l'obiezione di coscienza, la non violenza, una nuova idea di università e scuola pubblica, la laicità dello stato, il rispetto della legalità. La vicenda di Walter Binni è parte integrante di questa storia.

Il sodalizio con Capitini

Binni (1913-1997), fu un intellettuale dedito non esclusivamente alla politica cui dedicò un impegno costante, subordinandolo, però, ad una intensa attività di ricerca di storico e teorico della letteratura, lungo un sessantennio.
Una fonte da cui partire per ricostruire il Binni “politico” è il carteggio con Aldo Capitini. Scorrendo quelle pagine, comprendenti un arco di tempo compreso tra il 1931 e il 1968, emerge a tutto tondo il profilo intellettuale del letterato perugino. L'incontro con Capitini ha come sfondo la Normale di Pisa cui Binni accede nel novembre '31. Negli anni successivi il rapporto si consolida. Dopo la laurea, nel '35, diviso fra l'insegnamento nella scuola a Pavia, la Normale e l'incarico all'Università per stranieri di Perugia - si dedica all'impegno antifascista nell'ambito della rete liberalsocialista organizzata da Capitini. Inizia un impegno nel segno del liberalsocialismo che incontrerà le sofferte vicende della sinistra non comunista. Una scelta giovanile da tenere costantemente presente nell'analisi della vicenda letteraria e politica di Binni, quantomai connesse, e che spiega anche l'adesione al “comunismo libertario” della nuova sinistra negli anni '70 e la successiva adesione a Rifondazione nel '94 (L. Binni 2011, p. 77). Ma è Perugia a svolgere un ruolo centrale nella biografia di Binni.
La città da cui partì nel '46 per partecipare ai lavori della costituente come deputato socialista e cui non farà più stabilmente ritorno. Perugia, come scrisse nel 1981, allegoria di un paesaggio interiore ispirato alla gioia rabbiosa, all'impeto della volontà, all'impegno senza riserva, in nome di uno stile letterario (e di vita) nudo, antiornamentale (Binni 1981, p. 22). L'amore per Perugia assume, dopo l'esperienza antifascista, il significato di una possibile comunità d'elezione, alternativa all'Italia ormai conformata all'egemonia democristiana. Dal carteggio emerge il ritratto di un intellettuale che, contemporaneamente alla costruzione di una brillante carriera accademica e di un'intensa attività di ricerca (si pensi soltanto al volume leopardiano del '47 che contribuì ad aprire una nuova stagione di studi), manteneva un'attenzione costante alla vita pubblica. Uno sguardo accompagnato da un pessimismo mai rassegnato, né indulgente verso tentazioni intimiste, alla maniera dell'amato Alfieri. L'altro dei “suoi” autori, insieme a Foscolo e Leopardi.
Tra il '45 e il '46 Binni, insieme al gruppo dei giovani socialisti perugini, aveva costruito la sua candidatura alla costituente per il Piusp, cui si era iscritto nel 1943. Una candidatura di ispirazione liberalsocialista in competizione con quella di Alfredo Cotani, espressione di una vecchia guardia di partito legata all'influente massoneria perugina (Capitini - Binni 2007, p. 26).
Della corrispondenza con Capitini del periodo della costituente colpisce la severa disamina della degenerazione personalistica in atto nel Psiup, «tutto va per cricche e clientele in una maniera scandalosa che spinge all'anarchia e all'individualismo» (Capitini - Binni 2007, p. 31), e la chiarezza dell'impegno per una ricomposizione della diaspora socialista in un soggetto unitario ispirato al riformismo. Con percorsi diversi - Capitini impegnato freneticamente come docente universitario, saggista, promotore dei COS (centri di orientamento sociale), Binni docente universitario a Genova - i due amici condividono lo scetticismo nei riguardi dello strumento - partito. Di qui l'insistenza di Capitini per una federazione di soggetti del socialismo riformista e la diffidenza di Binni nei riguardi del neonato Psli di cui individuò ben presto la deriva politicista (Capitini - Binni 2007, p. 32). In seguito alla scissione saragattiana del '47, Binni scelse di impegnarsi per la nascita di un nuovo soggetto socialista aperto agli ex azionisti, ai delusi da sinistra del Psli e al gruppo siloniano di “Europa socialista”, in quel momento ancora interno al Psi ma contrario alla scelta del “Fronte popolare”. In una lettera ai compagni socialisti della primavera '48 spiega le ragioni del suo abbandono della politica attiva in favore degli studi letterari argomentando la sua adesione all'Unione dei socialisti, fondata nel febbraio '48 dai riformisti del Psi che non avevano aderito alla scissione saragattiana. Segretario ne era Ivan Matteo Lombardo, tra i promotori figuravano Ignazio Silone, Tristano Codignola, Piero Calamandrei. Nella lettera ritorna il tema caro a Binni della politica come servizio e la volontà di continuare ad impegnarsi, come poi avverrà, per l'unificazione di tutte le forze socialiste. Di qui il rifiuto di presentarsi nella lista di Unità socialista (ottenne il 7,07% e 33 seggi risultando la terza forza politica alla Camera dei deputati), cui aderì anche il Psli, alle elezioni del 18 aprile '48. La lettera si conclude con un richiamo in cui è evidente la consonanza con Capitini per «una forza veramente socialista e progressiva, veramente pacifica, libera e rinnovatrice che si può servire soltanto con una lotta generosa e dura, ma senza gusto di violenza, di menzogna, di sopraffazione, o di tattica compromissoria» (Fondo Walter Binni, tracce e documenti). Sono parole che descrivono in modo chiaro il rifiuto di una parte dei riformisti, tanto nei riguardi dell'appiattimento frontista scelto dal Psi nenniano, quanto l'appiattimento centrista, come sembrava indicare il partito di Saragat. E' una posizione che Binni non abbandonerà più, fedele alla scelta liberalsocialista compiuta negli anni '30.
Dall'Unione dei socialisti scaturì la breve (dicembre '49 - maggio '51) esperienza del Partito socialista unitario, nato dalla confluenza fra la corrente di sinistra del Psli e quella autonomista del Psi facente capo a Giuseppe Romita. Il partito confluì nel nuovo Psdi nel gennaio '52. Nel carteggio di questi anni la delusione per la politica assume i toni del rimpianto per l'intenso periodo della lotta antifascista, in confronto allo sconfortante panorama degli anni del centrismo. E' un sentimento di disagio verso l'Italia del secondo dopoguerra comune a molti protagonisti dell'antifascismo laico e socialista. E' questa la cifra della corrispondenza fra i due amici man mano che ci si inoltra negli anni '50. Capitini con il suo instancabile attivismo, sono gli anni in cui si sviluppa l'attività dei COR (centri di orientamento religioso) impegnati sui temi della non violenza e del vegetarianesimo, si propone come un sicuro punto di riferimento al più giovane amico sempre più attestato sui toni della “protesta leopardiana”. «Bisogna sentire il rapporto singolo con Dio, non la gara umanistico – mondana, foss' anche il famoso detto perugino! Il rapporto singolo con Dio diventa apertura agli altri, ma in ben altro senso», scriveva Capitini in una lettera del 14 novembre '55 (Capitini - Binni 2007, p. 73).
E' su questo sfondo che si colloca il ritorno all'impegno politico diretto di Binni per il movimento dei “socialisti senza tessera” nell'estate del '56, mesi nei quali molte novità si stavano producendo sotto il cielo della politica italiana ed internazionale.
Nell'aprile dell'anno precedente i socialisti avevano appoggiato insieme al Pci, in nome dell'apertura a sinistra, la candidatura di Gronchi alla presidenza della Repubblica, la cui elezione fu un indubbio colpo alla strategia centrista perseguita dalla segreteria democristiana (Fanfani) sostenitrice di Merzagora. In giugno il turno amministrativo siciliano aveva segnato un buon risultato socialista (dal 7,5 al 9,7%), con il Pci in calo (dal 21,8 al 20,8%), il 6 luglio Antonio Segni aveva sostituito Mario Scelba alla guida del governo, insediando un governo meno ostile nei riguardi dei socialisti. Era l'effetto dell'ascesa di Gronchi al Quirinale e dell'indisponibilità della Dc, nonostante gli sforzi di Fanfani, ad affrancarsi dal correntismo. Il 26 luglio la morte improvvisa di Rodolfo Morandi aveva consentito a Nenni di consolidare la sua segreteria e sganciarsi progressivamente dai comunisti. In agosto si era svolto l'incontro di Pralognan tra Nenni e Saragat, foriero di una nuova stagione di collaborazione fra i due partiti. A febbraio '56 il XX congresso del Pcus, in maggio si era tenuto un turno amministrativo che aveva segnato l'arretramento del Pci ed un buon risultato socialista e socialdemocratico, tra ottobre e novembre la rivolta di Budapest e la repressione sovietica (Galli 2007, pp. 315-319). In questa cornice l'appello dei “senza tessera” appare tutt'altro che velleitario. Ampiamente ripreso dalla stampa, assumeva il significato di una spinta dal basso pro riunificazione volta a contrastare le resistenze di Saragat da destra e dei “carristi” da sinistra. Alla vigilia del congresso socialista di Venezia (febbraio 1957) il gruppo promosse un manifesto a favore della riunificazione socialista firmato da tra gli altri da Carlo Cassola, Ferruccio Parri, Tristano Codignola, Mario Luzi, Aurelio Roncaglia, Ernesto Rogers, Elio Vittorini, Bruno Zevi (Capitini - Binni 2007, p. 87). Qualcosa sembrava essersi messo in movimento: il congresso sancì lo sganciamento dal Pci e la condanna definitiva del totalitarismo sovietico, segnali importanti nel segno dell'unificazione vennero dalla confluenza nel Psi dell'Unione socialista indipendente (il movimento fondato nel '53 dai fuoriusciti comunisti, Cucchi e Magnani) e di Unità popolare (il gruppo nato nel '53 su iniziativa di Codignola, Calamandrei e dei transfughi da sinistra del Pri guidati da Parri). In questa fase Binni si impegnò per portare nel Psi intellettuali di provenienza liberalsocialista anche se, come confessa in una lettera a Capitini del febbraio '58, «quasi tutti recalcitrano. Né posso forzarli per poi dovermi pentire se le cose nel Psi andranno male per gli autonomisti». Nel maggio '58 molti di loro firmarono un manifesto per il voto socialista che fu steso in collaborazione da Binni e Capitini (Capitini - Binni 2007, p. 101).
La vicenda dei “senza tessera” va ascritta ad uno dei tanti, sfortunati tentativi di dare soluzione alla condanna alla frammentazione cui sembrava destinata la sinistra italiana non comunista; tentativo che doveva fare i conti per un verso con l'avversione delle oligarchie di partito (tanto nel Psi quanto nel Psdi) indisponibili per definizione alle contaminazioni, per un altro con l'arretratezza cultural politica del socialismo italiano, tenacemente legato a letture classiste della società. In queste condizioni la battaglia per un'evoluzione liberalsocialista del Psi aveva poche speranze. Binni vi rientrò nel '59 per uscirvi definitivamente nel 1968. In questi anni si intensifica l'impegno in favore della scuola pubblica (L. Binni 2011, p. 44).

Per la scuola pubblica

L'interesse di Binni per la scuola pubblica risale agli anni della costituente quando fu protagonista della lunga battaglia parlamentare che portò all'approvazione degli artt. 33 e 34 della costituzione. Nel discorso tenuto alla costituente il 17 aprile 1947 chiariva come ai due principi costitutivi della scuola in un ordinamento democratico, la libertà d'insegnamento e la possibilità per tutti di entrare in ogni ordine e grado, andasse accompagnata la garanzia del rigore dell'esame di stato superando il sistema dei commissari esterni e la distinzione fra pareggiamento e parificazione. Nel primo caso la scuola privata sarebbe stata costretta al rispetto delle medesime regole presenti nella scuola pubblica utilizzando solo docenti reclutati con un pubblico concorso; nel secondo, andava superato un lascito del fascismo (r.d 653/1925, art. 51) che consentiva l'istituzione di scuole parificate senza sottoporle ai medesimi obblighi della pubblica. Non è un caso, argomenta Binni, che, soprattutto dopo la Carta della scuola voluta dal fascismo nel '39, siano sorte scuole parificate, nella stragrande maggioranza dei casi di origine cattolica. Di qui la necessità di riconoscere l'esistenza di una scuola privata con i medesimo diritti e doveri della pubblica ma, come previsto dall'art. 33, senza oneri per lo stato.
Nel '47 aveva partecipato alla fondazione dell'ADSN (Associazione in difesa della scuola nazionale), nel '59, insieme a Capitini, fu tra i fondatori dell'ADESSPI (Associazione per la difesa e lo sviluppo della scuola pubblica italiana), destinata ad essere nel decennio successivo uno dei più efficaci strumenti di intervento pubblico a sinistra sottratti all'egemonia comunista. Parteciparono alle iniziative dell'associazione intervenendo nei convegni organizzati in questi anni, tra gli altri, Guido Calogero, Carlo Ludovico Ragghianti (che ne fu anche presidente), Arturo C. Jemolo, Giorgio Spini, Mario Alighiero Manacorda. Ne scaturì un imponente sforzo programmatico che si inserì in una intensa stagione di riforme: dall'istituzione dell'educazione civica (1958), alla nascita della scuola media unica (1962). L'ADESSPI, (Foppa Pedretti 2005, pp. 91 - 93) grazie in primo luogo all'inesauribile impegno di Capitini, elaborò proposte sull'autonomia scolastica, sull'istituzione di un liceo unitario con indirizzi opzionali che unisse classico, scientifico, magistrale e un analogo percorso tecnico e professionale, sull'aggiornamento dei docenti, sull'innovazione didattica. Si tratta di una vicenda oggi dimenticata ma che ha rappresentato una delle pagine migliori dell'impegno riformatore dei laici e dei socialisti.

'68 e oltre

Negli anni dell'insegnamento fiorentino ('58–‘63) Binni si distinse per l'attenzione, alla politica universitaria e al dialogo con gli studenti. Nella corrispondenza con Capitini il tema ritorna spesso sotto le vesti della critica nei riguardi del baronato e dell'intenso ricordo di Attilio Momigliano (1883–1952); quest'ultimo, studioso antiaccademico e non ortodosso sul piano del metodo critico (lontano sia dal filologismo, sia dall'adesione rigida all'estetica crociana), aveva affascinato il giovane allievo negli anni pisani. Premesse che chiariscono la posizione assunta - insieme ad Eugenio Garin, Giacomo Devoto, Cesare Luporini - in occasione dell'agitazione studentesca fiorentina del gennaio '61. Gli studenti avevano occupato l'università solidarizzando con la protesta dei docenti incaricati, da qui era scaturita la dura reazione della maggior parte dei docenti dell'ateneo fiorentino per i quali «la competenza scientifica e tecnica non è sostenuta da un'adeguata consapevolezza dei propri doveri democraticamente educativi» (Fondo Walter Binni, tracce e documenti). Una denuncia nei confronti dell'élite accademica italiana, anche in questa occasione distintasi per «il conformismo e l'acquiescenza ai poteri ministeriali». Dal '64 fino al pensionamento Binni fu ordinario di Letteratura italiana a Roma. Saranno anni intensi nei quali l'impegno per le sorti dell'università entrerà nel vivo dei cambiamenti prodottisi nella stagione di lotte sociali e studentesche del '68. L'evento culminante fu la mobilitazione antifascista dell'Università di Roma nell'aprile '66, nei giorni successivi all'assassinio di Paolo Rossi. Lo studente socialista umbro, iscritto alla facoltà di lettere, vittima di un'aggressione fascista. Binni, impegnato insieme agli studenti nell'occupazione della facoltà, pronunciò nell'orazione funebre un durissimo atto d'accusa nei riguardi del rettore Ugo Papi per aver chiesto l'intervento della polizia e fatto sgomberare l'università (Fondo Walter Binni, tracce e dodcumenti). Nei giorni successivi alle dimissioni di Papi, si scatenò una furibonda campagna missina che chiedeva sanzioni contro l'oratore per istigazione all'odio politico. E' il preludio ad una sempre più marcata vicinanza alle posizioni della nuova sinistra, confermata dall'uscita dal Psi nel '68, in polemica per la posizione assunta sulla guerra in Vietnam (L. Binni 2011, p. 69). Negli anni seguenti Binni unì l'attenzione alla stagione dei movimenti ad una posizione sempre più critica riguardo alla situazione politica italiana. Nel '68 l'uscita dal Psi in polemica per la posizione assunta sulla guerra in Vietnam. Ne è testimonianza un testo destinato a rimanere a lungo inedito, scritto nel dicembre '81 in occasione della morte di Ferruccio Parri. Vi tratteggia un ritratto di Parri come campione di una visione “diversa” della politica, esperta dei vizi della classe dirigente italiana ma salda nella sua essenziale “diversità”. Nel descrivere l'estraneità di Parri ad «un paese per tanti aspetti e per tante parti disonesto ed ignobile», in queste parole echeggia l'autoritratto del vecchio combattente per la libertà dei tempi dell'antifascismo perugino che ha sperimentato fino in fondo la distanza tra gli antichi ideali e la realtà della democrazia italiana (Fondo Walter Binni, tracce e documenti).

Riferimenti bibliografici

L. Binni, Walter Binni. La disperata tensione. Scritti politici (1934-1997) , Il Ponte editore, Firenze 2011. E' in preparazione un numero monografico de “Il Ponte” a lui interamente dedicato.
W. Binni, La tramontana a Porta Sole, Quaderni Regione Umbria, Serie studi storici, n. 4, Perugia 1984, Morlacchi Editore-Edizioni del Fondo Walter Binni, Perugia 2007.
A. Capitini–W. Binni, Lettere 1931–1968, a cura di L.Binni e L. Giuliani, Carocci, Roma, 2007. G. De Luna, Storia del Partito d'Azione, Utet, Torino, 2006.
Fondo Walter Binni, www.fondowalterbinni.it. C. Foppa Pedretti, Spirito profetico e educazione in Aldo Capitini, Vita e pensiero, Milano, 2005.
G. Galli, Storia del socialismo italiano, Dalai editore, Milano, 2007.
Ricordare Walter Binni, con interventi di Giulio Ferroni, Enrico Ghidetti, Pietro Ingrao, Amedeo Quondam, e altri, Volumnia, Perugia, 1998.
M. Serri, I redenti. Gli intellettuali italiani che vissero due volte, Corbaccio, Milano 2009.
M. Teodori, Storia dei laici nell'Italia clericale e comunista, Marsilio, Venezia, 2008.