Walter Binni, Uno strumento della nuova democrazia (1946)

Enrico Lorenzetti, nipote di Enrico Pea, ha riscoperto un documento importante di Walter Binni, che ci ha inviato con questa nota: "Lucca, 18.XI.04. Caro Lanfranco, ti invio questo articolo di tuo padre che penso tu non conosca. E' importante perché dice dei suoi rapporti con Aldo Capitini a Perugia. Il quindicinale socialista lucchese durò poco. Questo è il suo ultimo numero. Era orientato nella linea della Critica Sociale, e vi scriveva, oltre che Capitini, anche Paolo Rossi." L'articolo, dal titolo Uno strumento della nuova democrazia apparve sul periodico "Democrazia Socialista", "quindicinale indipendente di politica, economia e storia", direttore responsabile Mario Frezza, A. II, n. 1, Lucca, 20 gennaio 1946, p. 5. Ringraziando Enrico Lorenzetti per aver ritrovato un documento significativo delle idee di Binni nel periodo immediatamente successivo alla Liberazione, riproduciamo il testo in questa sezione del sito, e nella sezione "Tracce e documenti".



Uno strumento della nuova democrazia (gennaio 1946)

Di fronte alla cosiddetta democrazia liberale del primo novecento italiano (quella a cui Parri negava il diritto del nome e del contenuto democratico) esercitata dai prefetti, dai questori, dai carabinieri, a tutela di un ordine reazionario e capitalistico, l'esperienza tragica del fascismo, che dovrebbe aver tolto ogni illusione sulla vera natura delle forze conservatrici e distinto con brutale evidenza i fatti dalle parole, ha fatto sorgere negli elementi intellettuali migliori e nel popolo l'esigenza vigorosa (già viva nel socialismo) di una vera democrazia, diretta, basata sulla reale partecipazione di ogni cittadino alla amministrazione, al controllo della cosa pubblica. Mai come ora dopo un'orgia di sciocco centralismo, di oppio conformistico, di esecuzione indiscussa degli ordini "romani" si è sentito in Italia il bisogno essenziale di organismi popolari che non siano d'altronde semplice espressione di particolari interessi di categoria chiusi come compartimenti stagni e accanto ai quali gruppetti di intellettuali diano vita a discussioni accademiche, a esercitazioni teoriche sradicate dalla realtà viva di ogni giorno. E la stessa formula dei Comitati di Liberazione, che tanta vitalità ha avuto nella lotta clandestina e nella prima fase della vita democratica, non è riuscita ad assolvere quella funzione di autoeducazione popolare e di periferico autogoverno che il mondo moderno, avviato alla soluzione socialista, pone in termini così precisi ed impellenti.
In una città dell'Italia centrale, Perugia, cadevano ancora i proiettili dell'artiglieria nazista quando già nella sala della Camera del Lavoro, alla luce fantomatica di una lampada a gas si radunavano operai, impiegati, studenti, donne non per ascoltare una conferenza, ma per discutere liberamente tutti i problemi immediati e lontani, amministrativi e politici che la situazione poneva a loro come abitanti di quella particolare città, come italiani, come uomini e donne di un mondo assetato di una concreta, precisa libertà. Altre donne, altri uomini, di strati sociali "più alti" preparavano ricevimenti e balli per gli ufficiali dell'A.M.G., politicanti di altri tempi preparavano combinazioni adatte a mantenere quella protezione di vecchi interessi e di vecchi privilegi che con nuove parole fa corrispondere ad un'illusoria libertà una sostanziale oppressione.
La riunione affollata di popolo era stata promossa da un intellettuale di notorietà nazionale, figlio del popolo e vissuto in mezzo al popolo, Aldo Capitini, perseguitato e incarcerato dai fascisti, ma la sua idea precisa della nuova istituzione, del Centro di Orientamento Sociale, aveva trovato una immediata adesione tra i giovani dei partiti di sinistra che in gran parte erano stati destati alla vita politica proprio dalla sua parola e dalla sua opera. E la simpatia che circondò subito il nuovo organismo, la sua rapida diffusione in città e nella provincia, malgrado la naturale ostilità e lo scherno inevitabile di tutti coloro che diffidano del popolo pur tra le platoniche promesse di riforme e di progressismo, dimostrano subito la attualità e la concretezza dei C.O.S.
Il carattere essenziale dei C.O.S. è infatti la corrispondenza ampia e minuta a questo bisogno di libera discussione calata in problemi vivi che è il più significativo segno di un antifascismo costruttivo, di una volontà democratica non astratta. Nel C.O.S. si discutono con una libertà e una tolleranza reciproca, che tanti presunti amici del popolo credono privilegi di pochi eletti, anzitutto i problemi dell'amministrazione locale, varianti da città a città, da paese a paese, da rione a rione: l'alimentazione, i trasporti, l'epurazione, la disoccupazione, la scuola, e a queste assemblee popolari vengono invitati volta a volta i responsabili delle varie branche dell'amministrazione, che devono fornire spiegazioni, ascoltare miglioramenti e proposte, condotti inevitabilmente ad un attenzione e ad una sollecitudine esecutiva, ad una coscienza della loro vera natura di funzionari pubblici, che capovolge la triste abitudine che faceva di ogni burocrate un gerarca , un indiscusso "superiore". Si attua così un vero controllo democratico e i cittadini si abituano a considerare come propri interessi gli interessi della città e del paese, del rione, rompendo così il tradizionale atteggiamento di passività, di assenteismo che permette il cattivo funzionamento amministrativo, le ingiustizie piccole e grandi, alla lunga la dittatura e la servitù.
Ma accanto a queste discussioni spesso e nella stessa seduta e con gli stessi partecipanti, anche i problemi politici sono all'ordine del giorno dei C.O.S.: i programmi dei partiti vengono illustrati e criticati dai competenti e da qualsiasi convenuto, portando ad una chiarificazione, ad un orientamento che supera l'ambito dei comizi, della propaganda unilaterale; i problemi della Costituente (repubblica, socializzazione, riforma agraria, bancaria, autonomie regionali) vengono esposti da ogni punto di vista, ed ogni problema che l'assemblea ritenga interessante ed attuale forma oggetto di sedute esaurienti, spregiudicate.
Da una semplice esposizione del funzionamento dei C.O.S. che mercé l'opera di Aldo Capitini e di molti collaboratori si sono diffusi ormai in Umbria, in Toscana, nel Lazio, nelle Marche, può apparire chiara la loro enorme importanza e l'interesse che essi hanno già destato e destano in seno al nostro Partito, che ovunque se ne è fatto attivissimo promotore.
Se il Socialismo ed il Partito socialista rappresentano gli interessi vivi e concreti del popolo lavoratore e operano per una rivoluzione radicale che come sua mèta ha quella società libera ed eguale in cui, secondo le parole di Marx "il libero sviluppo di ciascuno sia la condizione del libero sviluppo di tutti", è naturale che una simile istituzione possa apparire uno strumento efficacissimo di lotta e di educazione che noi, democratici e rivoluzionari, concepiamo inscindibili, continue, inesauribili.
Accanto alla struttura sempre più organizzata e combattiva delle sezioni che lottano per la conquista proletaria del potere, questi organismi aperti significano un aumento di azione dell'idea socialista, una sua realizzazione concreta e fin d'ora attuale che porterà su di un piano sempre più preciso e sempre più umano la formazione della nuova civiltà socialista.

WALTER BINNI