Editoriale della "Rassegna della Letteratura Italiana" (1953)


Binni dirige la rivista "La Rassegna della Letteratura Italiana" dal 1953 al 1992, curando personalmente la rassegna bibliografica settecentesca. Nell’editoriale del numero doppio 1-2, gennaio-giugno 1953, definisce le funzioni e gli obiettivi della rivista fondata da Alessandro D’Ancona nel 1893 e diretta da Achille Pellizzari fino al 1948. La rivista riprende appunto le sue pubblicazioni sotto la direzione di Binni. Dal 1992 la "Rassegna della letteratura italiana" è diretta da Enrico Ghidetti e da un comitato di direzione composto da Franco Croce, Giulio Ferroni, Giorgio Luti, Giovanni Ponte e Gennaro Savarese.
 
PREMESSA
La rivista che riprende oggi, dall’anno della morte del suo ultimo direttore, la propria attività, iniziò la sua vita esattamente sessant’anni fa, nel 1893, a Pisa. "La Rassegna bibliografica della letteratura italiana" usciva sotto la direzione di Alessandro D’Ancona (il vigoroso autore della Poesia popolare italiana e delle Origini del teatro in Italia), e si poneva accanto al "Giornale storico della letteratura italiana" in un’opera di informazione critica, essenziale ad un’epoca di singolare fervore di studi eruditi e storici (se non precisamente, ove si tolga il Carducci, di critica), di severo impegno nel "lavoro d’indagine e d’illustrazione che mira a ricostruire sopra solide fondamenta l’edificio della storia letteraria nazionale". Come appunto scriveva il D’Ancona nella mezza paginetta, così modesta e signorile, di "programma" premessa al primo numero della "Rassegna". A quel lavoro di erudizione, in cui i singoli studiosi sentivano fortemente il bisogno di reciproca collaborazione, la necessità "di essere sempre e senza indugio ragguagliati del molto che, anno per anno, (e, potrebbe dirsi, mese per mese) aggiungono alle cognizioni già acquisite alla scienza i nuovi libri ed opascoli, i periodici e gli atti accademici", la "Rassegna" si proponeva di contribuire appunto, su di un piano di alta e consapevole informazione, con un "rendiconto coscienzioso, imparziale" della nuova produzione erudita e critica "giudicandone con urbana, ma schietta veracità". E questo programma, che traeva il suo particolare valore da una generale utilità di notizia e di consapevolezza e dalle particolari condizioni del metodo "scientifico" della scuola "storica" nel suo più sincero fervore di indagine, nel suo più genuino e nuovo entusiasmo per "i dati di fatto", per la "verità della scienza" venne facilmente e abbondantemente attuato sotto la direzione del D’Ancona, con la collaborazione di studiosi insigni, come il Rajna, il Monaci, il Barbi, il D’Ovidio, che vennero arricchendo progressivamente la rivista di preziose "comunicazioni", di discussioni erudite, di rassegne unitarie e specializzate, mentre non mancarono, specie da parte del D’Ancona, precisazioni dettate dal suo vigoroso "buon senso" (giustamente riconosciuto anche dal Croce), criticamente valide contro le esagerazioni delle correnti più avventate del periodo storico, come nel caso della interpretazione "veristica" del Mestica o di quella patologica del Sergi e Patrizi nei riguardi della poesia leopardiana.
Ma, se più tardi sotto la direzione di F. Flamini (che dal 1894 era stato redattore e condirettore della "Rassegna"), la rivista acquistò nuove rubriche e una sistemazione sempre più chiara ed utile del materiale hibliografico (presentato secondo problemi e periodi), essa venne anche perdendo il più fresco fervore iniziale e lo stesso criterio erudito, divenuto più sterile e gretto nelle mani degli epigoni della scuola storica, divenne sempre più inadeguato al giudizio della nuova produzione critica ispirata ai nuovi motivi estetici dello storicismo crociano (e si pensi al caso estremo della recensione assurda di C. Chiarini alla Storia della letteratura inglese di E. Cecchi misurata con i più angusti criteri di una estetica arretrata e di una miope completezza bibliografica). La feconda ricerca filologica, l’entusiasmo per la ricostruzione storica del periodo danconiano scadevano in rifiuto di ogni originalità personale, in oggettività da bibliografia, in ricerca del piccolo particolare erudito. Sicchè un sensibilissimo mutamento, pur nella prosecuzione dei compiti originari della rivista, si potè ben sentire quando la direzione della "Rassegna" passò nel 1916 dalle mani del Flamini, onestissimo ricercatore, diligentissimo informatore, ma troppo chiuso alle nuove esigenze culturali e critiche, a quelle di Achille Pellizzari (anch’egli scolaro della Normale pisana) ben diversamente vivace ed aperto, capace di avvertire ed interpretare, pur nella sua posizione di "educato empirismo", la nuova problematica culturale e critica. Con successivi cambiamenti di testata (che dal 1939 divenne semplicemente "La Rassegna") e con successivi arricchimenti di rubriche, di spogli bibliografici, di note, di veri e propri articoli (dal 1939 più direttamente rivolti allo studio delle varie letterature straniere), la rivista si mantenne utile ed attiva sino al periodo della seconda guerra mondiale e, senza voler dare un esagerato giudizio di un lavoro diverso spesso per la qualità diversa dei collaboratori, svolse un’efficace opera di informazione critica in Italia ed all’estero, dove essa ebbe larga diffusione e contribuì alla conoscenza della nostra produzione filologica e critica.. La guerra, l’attività politica del direttore (combattente partigiano, rettore dell’Università di Genova dopo la liberazione, deputato alla Costituente) e poi la sua malattia limitarono naturalmente l'attività della rivista che cessava nel 1948 (con un ultimo volume redatto da L. Fontana) le sue pubblicazioni al suo 56° anno di vita..

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Nel riprendere ora a Genova (dove essa segui da Pisa il Pellizzari nel 1919) la sua attività, la nostra rivista, mentre ritorna all’iniziale limitazione del proprio campo di studio, a quello della letteratura italiana, (alle letterature straniere son dedicate altre autorevoli riviste sorte in questi anni), crede opportuno abbandonare la dizione "bibliografica", non per rifiutare la onesta umiltà di "informazione" a cui rimane sostanzialmente fedele, ma per adeguare tale funzione alle esigenze critiche attuali, per legarla esplicitamente alla viva esemplarità ed all’impegno di articoli critici e culturali, come contributi della rivista all’attività critica, filalogica, in questa fase di sviluppi importantissimi nel campo della nostra cultura a base storicistica, ma ricca di esigenze che sempre meglio tendono a precisare la loro validità e a rivedere il loro reciproco rapporto. Cosi, accanto ai notiziari di articoli, alle rassegne di studi di letteratura italiana all’estero (legate alla nostra volontà di contribuire ad un migliore rapporto fra la nostra cultura e quelle straniere), alle recensioni ispirate al desiderio di rilevare i nuovi contributi critici e filologici nel campo dei nostri studi e i motivi metodologici che in questi potranno esprimersi, terremo ad offrire ai lettori esempi di critica, di storia letteraria, di metodo filologico e storia della critica, nonchè, secondo le possibilità, esposizioni autorevoli di tendenze critiche e storiografiche attuali, esami aperti e sereni della complessa situazione dei nostri studi. Ci sembra infatti che, mentre sempre più forte si avverte l’esigenza di un lavoro informatissimo e storicisticamente sicuro, lontano dalle improvvisazioni impressionistiche, dall’arbitrarietà (aprioristica, avrebbe detto il De Sanctis) e dalla tendenziosità incontrollata, sia insieme sempre più chiara la necessità di un largo esame delle varie correnti metodologiche nelle loro esigenze peculiari e nella possibilità di un loro dialogo efficace e stimolante. Non si tratta certo di una assurda proposta di "concordantia discordantium canonum" (ché anzi è fin troppo chiaro il rischio di un eclettismo senza impegno personale e senza il rischio generoso della ricerca nuova e coraggiosa), ma si accenna invece al vantaggio di una conoscenza sempre più individuata dei problemi più vivi e consistenti, di una valutazione di quanto, in una cultura aperta e consapevole, anche diverse tendenze possano utilmente offrire ad un lavoro caratterizzato ma non settario. E basti indicare come, anche in critici tutt’altro che incerti sia da tempo visibile un avvicinamento tra filologia e critica, tra senso storicistico e ricerca di stile e come, pur nei diversi orientamenti, la conoscenza del problema critico nella sua storia e delle condizioni storiche in cui un’esperienza artistica si è svolta, costituisca da tempo comune presupposto di ogni studio critico.
Perciò la Rassegna terrà ad accogliere, su di una sicura base di serietà e di rilievo critico non generico, contributi che rappresentino vive esigenze della nostra cultura critica e mirerà nelle recensioni e nei notiziari a dare chiaro rilievo alle posizioni critiche, storiografiche e filologiche implicite nelle opere esaminate sperando di collaborare cosi ad un chiarimento oltre che ad una accurata informazione.
La nostra rivista riprende la sua rinnovata attività in un periodo assai ricco di operosità, dopo gli anni che condannarono tanti studiosi al silenzio e privarono gli studi di tante forze giovanili che la guerra e le sue tragiche conseguenze allontanarono da ogni ordinato e impegnato lavoro. E se non oseremmo certo adoperare accenti di idillio per una realtà che non può non lasciarci insoddisfatti e per un’epoca che può apparire più di speranze che di conclusioni, non vorremmo neppure privare questa nostra modesta iniziativa in un campo tecnico-culturale del suo significato di fiducia nella serietà e continuità della cultura e del lavoro, sempre intimamente legata alla fiducia nella serietà e continuità della vita. Così come il vuoto terribile lasciato, nel tristissimo 1952, con la scomparsa di grandi critici e di studiosi insigni (da Croce a Momigliano, da Pancrazi a Calcaterra e Borgese, per citare solo i maggiori) non ci induce tanto al compianto di cosi valide forze perdute, quanto al concreto omaggio ad esse del nostro lavoro e dello stimolo che la nostra rivista vuol rappresentare nel campo in cui quegli amici e maestri dettero alta lezione di cultura e di umanità..