Un inedito autobiografico: "Il mio incontro con l'Ariosto"

Negli ultimi anni Walter Binni si impegnò nella ricostruzione autobiografica del proprio percorso esistenziale e storico-critico. Di questi scritti, inediti, iniziamo a pubblicare un primo frammento, dedicato alla ricostruzione dell'incontro con la poesia di Ludovico Ariosto, nel 1938.



Il mio incontro con l'Ariosto (senza veri precedenti nella scuola e persino nell'Università in forma men che svogliata e ben poco congeniale) nacque da un'occasione offertami nella primavera del '38 (ero insegnante a Pavia all'Istituto Tecnico Superiore di italiano e storia) dal mio maestro Luigi Russo che ritenne interessante fare questa prova del mio "ingegno" (in cui credeva) nell'affidarmi l'antologizzazione e il commento del Furioso, delle opere minori per l'antologia I classici italiani da lui diretta. Fiducioso nelle mie doti di adattabilità e nella penetrazione della mia lettura critica, accettai: a Perugia d'estate mi comprai l'edizione critica del Furioso del Debenedetti e quella delle Opere minori del Fatini e me le misi in valigia andando con Capitini per un periodo di vacanza sulle Alpi, sul Renon, a Soprabolzano. E lì in un albergo che era una vecchia villa circondata da alberi, silenziosissima, mi lessi, con crescente entusiasmo tutto il Furioso, prendendo appunti per commento, tagli antologici, discorso introduttivo.
Poi nel '39, passato a Perugia (all'Università per Stranieri) con la mia giovane moglie che copiava a mano (poi divenne un'esperta dattilografa e batté a macchina tutti i manoscritti dei miei libri) i miei sgorbi, buttai giù il commento a una ventina di canti del Furioso e ad una scelta di opere minori. A novembre due avvenimenti diversi intrecciarono nel mio animo il dolore acutissimo per la morte di mia madre (appena cinquantenne) e la gioia per la nascita del mio primo figlio. Donde una spinta eccezionale all'attività (salvezza dal dolore profondo e legame alla gioia vitale) concentrato nella introduzione, getta giù rapidamente, al mio commento già pronto all'inizio del '40 (poi uscito, solo nel '41, nel volume dell'antologia russiana e in un volume separato solo nel'42, sempre da Sansoni, per difficoltà editoriali provocate dalla guerra). Nel commento (in realtà più ricco di spunti di valutazione degli elementi drammatici storici del Furioso che riscoprii e articolai più organicamente molto più tardi) prevaleva un'interpretazione in cui la scoperta di una "poetica" antinaturalistica di una fondamentale direzione artistica tesa a realizzare un "sopramondo" alimentato da un forte senso della realtà, ma fantasticamente "deformato", trasformato in dimensioni soprareali poteva "sbilanciarsi" in forme di "calcolo" eccessive e in equivalenze visive e musicali (e persino cinematografiche) in una fase della mia formazione che risentiva fortemente della teoria della "pura visibilità" (specie di Marangoni) e delle poetiche surrealiste ed ermetiche che si intrecciavano al mio fondamentale storicismo.
Tuttavia la freschezza giovanile di quella lettura e l'impostazione della "poetica" (contro un semplice "sognare" della fantasia ariostesca e una troppo generica "armonia cosmica") mi fruttò, mi sembra, notevoli risultati sia per quel che riguardava il riscatto di valore artistico delle opere cosiddette minori (specie delle Satire tanto più organicamente interpretate in un saggio del '46 su "Belfagor" e quindi in un capitolo del volume del '47) sia nei confronti del Furioso di cui venivano (già nel commento) rilevati episodi e aspetti meno tradizionalmente considerati e anticipata l'organica traduzione del "ritmo vitale" nel "ritmo poetico soprareale" che sarà al centro dell'interpretazione più solida del volume del '47.